Riproponiamo l’augurio di Natale da parte del proposto di Vinci, corredato da una composizione sul significato della festa e sulle sue origini.
Le fonti primordiali del cristianesimo, sia orali che scritte, pongono in primo piano il Mistero Pasquale: Gesù Cristo morto risorto asceso al cielo.
Il primo annuncio fatto dagli Apostoli e riportato dagli Atti suona così: quel Gesù che voi avete crocifisso per mano dei pagani, Dio lo ha risuscitato e noi tutti siamo testimoni.
Si chiama kèrigma [dal greco κήρυγμα], il cuore della fede e della speranza cristiana.
Successivamente, appare anche la festa liturgica del Natale, affacciandosi timidamente dall’interno di una festa pagana, quella del sole vittorioso.
Piano piano, il Natale, col suo corredo gioioso, si è collocato al centro dell’anno liturgico, inglobando elementi di varia natura e disparata origine, fino all’ormai inseparabile albero luminoso. In un tentativo di interpretazione biblica potremmo accostarlo all’Albero della conoscenza del Paradiso Terrestre, con questo pensiero: Gesù Cristo, Dio fatto Uomo, diventa Sapienza per l’uomo.
Chi ha contribuito in modo assoluto a rendere attraente e quanto mai struggente il Natale è stato San Francesco col Presepe di Greggio. Da allora il Presepe è diventato l’ospite gradevole delle famiglie cristiane, soggetto di fantasia e creatività. Un numero enorme di artisti, narratori, cineasti ha raccontato la Natività.
Le icone della pittura religiosa orientale hanno collegato il Natale al Mistero Pasquale, con la lucida consapevolezza dell’inseparabilità dei due eventi. Nei loro presepi, infatti, il Bambino è deposto in una culla a forma di sepolcro.
Il Bambino, appena nato, con la sua Pasqua spalancherà i sepolcri, restituendo dignità e pienezza alla vita dell’uomo.
Pure la collocazione del Natale nella stagione fredda, al di là dei motivi storici e culturali, contribuisce al desiderio di calore umano e di gioiosa luminosità.
Il quadro di Natale non può fermarsi al Bambino, pur essendone il centro focale.
Ogni bambino reclama il padre e la madre. Il Natale celebra la sua Santa Famiglia: Gesù, Maria, Giuseppe; riproponendo la famiglia come fondamento della costituzione umana.
Questa verità motiva il proverbio: Pasqua con chi vuoi, ma Natale con i tuoi.
Al pranzo di Natale, la liturgia della chiesa domestica prevedeva la letterina per i genitori.
Quale impegno per scriverla con la collaborazione della maestra!
Il babbo poi, alzando la scodella per riempirla col brodo sul cappone, come consumato attore faceva finta di meravigliarsi della lettera posta sotto il piatto. Subito la leggeva ad alta voce a tutti i presenti convintamente commossi.
Questi piccoli fatti hanno inciso in profondità la memoria di ogni cristiano che ha vissuto quel periodo povero di cose e ricco di sentimenti.
Il Natale, con la sua storia e le sue tradizioni, costituisce un grande fatto culturale. Tentare di indebolirlo o addirittura cancellarlo mi pare una forma di offuscamento mentale. Sarebbe solo una grave perdita senza alcun guadagno, né sul piano culturale, né su quello educativo.
L’attenta ricerca di Nicola Baronti puntualizza le particolari tradizioni natalizie nella nostra comunità e nel nostro territorio, recuperando il significato originario di alcuni termini, come “ceppo” e feste proprie del luogo come “la festa dei Santi Giovanni”.
Scorrendo la ricerca si evidenziano numerose diversità o evoluzioni nel costume e nelle relazioni.
Per esempio: le feste natalizie coinvolgevano, quasi all’unisono, la società civile e la comunità religiosa: “In occasione della Festa, il Comune offriva la colazione ai preti, capitani, cancelliere e Camarlingo”.
Si nota pure come elementi evangelici, liturgici, devozionali, si intrecciavano e si confondevano con elementi e riti magico-pagani, e con ironiche rappresentazioni di vita e di costume, vedi il variegato ciclo delle “Befanate”.
In sintesi si può dire che il Natale, col suo corteo di feste, è ben radicato nel cuore della nostra gente. Sopravvive all’assalto pervasivo del consumismo.
Riappare nella nostalgia del presepe, nei luminosi addobbi, nella partecipazione alla Messa di mezzanotte e in tanti gesti di solidarietà.
Il canto degli Angeli a Betlemme risuona ancora nel cuore dei cristiani con dolcissime note.
Come divina freccia, scagliata dalla forza dell’amore del Padre, il Figlio, messaggio celeste, si è attendato in mezzo noi. “Il Verbo si è fatto carne…”.
Questa verità di fede, scritta nel Prologo di San Giovanni, si chiama Natale.
Quale segnale, indica il cammino verso un’incredibile metropoli, dove umanità e divinità, tempo ed eternità, spazio terreste e infinità immensità si abbracciano simbioticamente.
Dio creatore sposa la sua creatura: un incesto straordinario, un impensabile paradosso, un’abbagliante rivoluzione scientifica: la madre diventa figlia, “figlia del tuo figlio”.
Natale: contemplazione e canto, Dio si fa limpidamente scrutare e valutare nella bellezza della creatura restaurata e manteggiata ineffabilmente.
È dolce
addormentarsi
nel Presepio
essere fasciati
dalle materne mani
di Maria
sotto l’amoroso
sguardo del vigile Giuseppe.Il cielo smosso da candide ali
di angeli
brilla infinito di stelle
ammiccanti.All’Eterno.
Germoglio
giocoso suono,
leggerezza di labbra
simbolo di vita.Per Te
la morte
rimane apparenza.Madian Efa
Petra Nabatei
deserto civile
solitudine frequentata
sentieri percorsi
inquietudini
in movimento.Popoli dromedari
Magi
con gli occhi
bruciati e brucienti
la Stella
è esplosa.
Mons. Renato Bellini, proposto di Vinci
Questo testo è tratto dall’introduzione al Quaderno n. 5/2015 dell’Archivio Vinci nel Cuore dedicato al “Natale a Vinci. Tradizione e cultura della festa” a cura di Nicola Baronti.