La bicicletta di Leonardo in realtà non era una bicicletta. Non lo sapevate? Beh, in realtà è uno scherzo, visto che oggi è il Pesce d’aprile…
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Leonardo, il genio di Vinci, si è effettivamente immaginato tre secoli prima quella “macchina da corsa”, Laufmachine, come venne chiamata nei primi dell’Ottocento la bicicletta, con due ruote, un’asse di legno, un manubrio e una catena che collega i pedali alla ruota posteriore, scippando l’onore della scoperta al tedesco Karl von Drais?
Il progetto e foglio leonardiano incriminati risalirebbero al 1493 e appartengono al Codice Atlantico di Leonardo da Vinci, un complesso di circa 1300 carte raccolte dallo scultore Pompeo Leoni (1531-1608). In uno schizzo, sicuramente non autografo, vengono anticipate di quasi tre secoli quelle piccole scoperte che portarono all’invenzione della moderna bicicletta. Con molta probabilità si tratta invece del prodotto di un banale scherzo, anche un po’ volgare, che gli appassionati di Leonardo hanno fatto diventare un piccolo giallo storico che ha incuriosito e divertito al punto tale da essere diventato uno dei simboli dei musei vinciani (soprattutto per souvenir leonardeschi). Quello schizzo è dunque di Leonardo o di un allievo copione? Oppure di un terzo occhio “sconosciuto” che, dopo averla conosciuta, ridisegna la bicicletta moderna manomettendo il foglio leonardesco?
A questo dubbio, si aggiungono i misteri legati alla scoperta del disegno, avvenuta soltanto negli anni Sessanta del secolo scorso a opera dei monaci del laboratorio di restauro di Grottaferrata (Roma). I monaci restauratori si trovarono davanti due fogli piegati a metà e incollati tra loro, probabilmente da Pompeo Leoni, per coprire alcuni disegni osceni che vi comparivano.
Ritornarono alla luce così degli schizzi strani, tra cui uno in particolare, molto simile alla bicicletta. Il primo a notarlo fu l’insigne studioso Agusto Marinoni (1911-1997), che pubblicò la scoperta con grande clamore, e con altrettanta dose critica fu accusato di “falso da mezzo mondo accademico. Lo studioso riteneva che fosse lo schizzo di un allievo che copiava, seppure in modo puerile, il progetto leonardiano probabilmente perduto. La sua attenzione si concentrava su quel Gian Giacomo Caprotti, detto Salaì, a seconda dei biografi figlioccio, allievo, per altri addirittura amante del maestro. Al momento, però, nessuno è in grado di provare chi abbia manomesso il foglio in epoca recente, anche se c’è chi non ha mai nascosto i sospetti su di un fantastico scherzo del Marinoni giocato alle spalle degli amici studiosi.
Altri ricercatori hanno tentato di dimostrare scientificamente che i disegni contenuti nello stesso foglio, che raffigura due simboli fallici con gambe e coda e la caricatura di un personaggio dal nome ben chiaro di Salaj, per un falso pudore spesso tagliati dai libri di storia, siano invece dei disegni originali del tempo. Probabilmente il prodotto di uno scherzo, o meglio di un gioco goliardico, tra gli allievi della bottega del grande artista a danno del Salaj o del loro Maestro.
Ma quella bicicletta? Come hanno fatto notare altri studiosi, tra cui anche il Pedretti, il modo con cui è tratteggiata, il bicolore utilizzato, in particolare il colore marroncino del carboncino, i cerchi delle ruote assolutamente imperfetti e insicuri, non sono di Leonardo, né tanto meno di coloro che avevano realizzato gli altri disegni osceni con carboncini e colori diversi. Per di più, lo schizzo si trova di traverso rispetto a quelli goliardici, come se fosse stato fatto successivamente in un angolo del foglio lasciato bianco dai maldestri ragazzi della bottega leonardiana; oppure, in origine, sarebbe stato uno scarabocchio rielaborato da una terza mano in epoca successiva. Si torna così all’ipotesi iniziale: un doppio scherzo, in epoche diverse, a danno del mito del Genio vinciano e dai tanti fan del Maestro. Un scherzo giocato prima dagli allievi della sua bottega e in tempi più recenti da qualche suo appassionato studioso. E non c’è da stupirsi se qualcuno ci abbia creduto. A Leonardo ormai si attribuisce di tutto!
Nicola Baronti