Vinci, ‘Li omini boni’ e ‘Leonardo Berni’, la semplicità dei nostri momenti di cultura negli auguri di una delle anime del premio giornalistico.
A Vinci è facile sentirsi “di casa”. Per quanto mi riguarda, la frequento da anni: in particolare da quando uno dei preti più importanti per la mia vita, don Renato Bellini, è voluto ritornare fra la sua gente dopo aver passato molto tempo, su a Pian degli Ontani, con Beatrice la pastora e, giù a Pistoia, con le incombenze della Curia. Due, in effetti, le persone… geniali che hanno caratterizzato la vita pastorale di don Renato: una curava le bestie sui crinali dell’Appennino riuscendo a stupire tutti, intellettuali compresi, per la bellezza e la pulizia, la sincerità delle sue rime; l’altro non ha bisogno di parole.
Arrivare a Vinci scendendo dal Pinone, sentendosi come Benigni e Troisi immersi in un mondo senza età, è inno alla bellezza, all’equilibrio, alla sapienza di un Creatore che ci ha voluti intelligenti e ignoranti, semplici e sapienti in modo che ciascuno di noi possa imparare qualcosa dall’altro. E viceversa.
Insomma è facile sentirsi “di casa” in quel di Vinci. Ed è bello arrivarci, come nel mio caso, spinto dalle conferenze di Vincincontri (70 in 20 anni, una sorta di piccolo record) e da quel premio giornalistico “inventato” qualche anno fa, volendo ricordare Leonardo Berni: IL corrispondente locale del giornale toscano. Perché giornalismo non è solo quello delle grandi firme, conosciute e talvolta (poche volte) ben retribuite: ma vale per i cronisti locali, come quest’anno per Stefano Brogioni, nella loro voglia di raccontare ciò che accade nelle comunità più vicine.
Entrambi questi momenti – culturali ed è bello non diffidare della cultura in tutte le sue declinazioni – hanno una caratteristica che li lega alla comunità vinciana e che tutti gli ospiti chiamati a intervenire avvertono come sincera: la semplicità.
Detto in modo onesto: a invitare personaggi, anche importanti, a Vinci si è facilitati. Avverti subito empatia, addirittura simpatia, quando proponi un incontro in un luogo che tutti al mondo sanno esistere. Ma il valore aggiunto – posso dirlo per esperienza – arriva dopo: quando il personaggio, arrivato qui per la conferenza o per il premio, si rende conto che nulla è “paludato”, che nessuno qui “se la tira”, che tutto, perfino nelle imperfezioni, qui è davvero a misura d’uomo (anche di donna. Ci mancherebbe), che la semplicità non è un limite di cui vergognarsi ma un valore di cui essere orgogliosi.
Iniziamo il mitico “venti venti” (sembra davvero ieri che questa cifra – sarebbe piaciuta a Leonardo – pareva lontana!) avendo alle spalle il ricordo fresco di un premio “Gli omini boni” denso di stimoli. Due i personaggi premiati che non sono più in vita e uno che la vita la sta rischiando. Tanto che lo Stato gli ha messo dietro una scorta.
Paolo Borrometi non è potuto venire di persona a ritirare il premio. Il motivo, improvviso e imprevedibile, della sua assenza vinciana il 30 novembre, tutti lo abbiamo capito bene. È legato al modo stesso con cui lui, giovane giornalista siciliano, interpreta la sua professione: che porta lui, e i suoi colleghi onesti, a raccontare ciò che vede accadere e ciò che talora qualcuno, magari potente, non vorrebbe venisse raccontato. In questi casi può accadere un corto circuito. E Borrometi onora la sua professione. Lo aspettiamo presto, a Vinci, per ritirare fisicamente il premio e parlare di giornalismo.
Anche gli altri due, destinatari del premio, amavano raccontare. Uno amava di pari grado sia il giornalismo che l’Europa. Il suo sogno è stato interrotto dalla brutalità del fanatismo terroristico. Tutti siamo rimasti molto colpiti dalla testimonianza di Federica, sorella di Antonio Megalizzi, e dalle parole di Alice Plata per il network di radio universitarie con cui Antonio collaborava. Così come ci ha colpito il silenzio di Valeria, già moglie di Alex Langer, oltre alle parole di chi ha così bene rappresentato la Fondazione che opera per tener vivo il ricordo di un “visionario” pieno di straordinaria attualità.
Tre persone, riconosciute a Vinci nella semplicità di un premio sincero e non banale. Un premio dal titolo tanto singolare quanto impegnativo perché ricorda come la conoscenza sia, per gli omini boni, diritto e dovere. Identica la missione di Vincincontri, con le conferenze su temi di attualità l’ultima delle quali, in ordine di tempo, pochi giorni dopo il premio, con Stefania Falasca, vaticanista di Avvenire, sui cambiamenti ambientali e sulla centralità dell’Amazzonia.
Buon “venti venti”, amici di Vinci. E che il numero degli “omini boni”, specie in questa Italia dove stando a qualche ricerca quasi un cittadino su due amerebbe il ritorno di un “omo forte”, possa aumentare.
Mauro Banchini
Presidente della Commissione del premio giornalistico ‘Li omini boni’ per la comunicazione e ‘Leonardo Berni’ per il Cronista Toscano